"Li abbattiamo come vitelli!" commentavano i componenti delle squadre speciali inviate a domare - il termine è più che appropriato - i disordini scoppiati nel carcere di Santa Maria di Capua Vetere, lo scorso anno, alla notizia che un detenuto era stato accertato come positivo al virus.
Non possono sorprendere queste espressioni che rispecchiamo nella pratica quotidiana il principio del "marcire in carcere" proclamato dal governo giallo-verde e mai rinnegato dalla componente gialla del governo giallo-rosso e tacitamente rinnovato con la complicità del Pd, allora alleato del Movimento Cinque Stelle.
Lo spregio per la legalità e i diritti umani paventato dai vertici governativi non poteva che trovare applicazione pratica nella realtà carceraria, ideale a scatenare sedizioni innescate dal terrore virale in strutture ove la promiscuità non garantiva alcuna tutela sanitaria e, parimenti, idonea a dar prova della mano forte poliziesca.
Nessuna giustificazione alla violenza sediziosa dei reclusi, ma nessuna comprensione per la violenza istituzionale che degrada lo Stato e gli uomini che lo rappresentano, dai più elevati vertici istituzionali al più inferiore in grado degli agenti.
Nessun commento sull'indagine in ossequio della presunzione di non colpevolezza, ma peroriamo rigore nell'accertamento delle responsabilità affinché lo Stato di diritto al quale ciascuno di noi appartiene trovi l'autorevolezza nel diritto anziché nell'uso indiscriminato della forza.
Non possono ammettersi repressioni né violenze che infrangono i diritti umani e degradano uomini e donne a livello di esseri che pure meritano tutela in uno Stato di diritto, come pretende di essere il nostro.
Lo impone la Costituzione repubblicana!
La Commissione diritti Umani e il Direttivo
della Camera Penale di Trapani
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