lunedì 28 giugno 2021

La forza dello Stato è nella legalità delle sue condotte



"Li abbattiamo come vitelli!" commentavano i componenti delle squadre speciali inviate  a domare - il termine è  più che appropriato -  i disordini  scoppiati nel carcere di Santa Maria di Capua Vetere, lo scorso anno, alla notizia che un detenuto era stato accertato come positivo al virus. 

Non possono sorprendere queste espressioni che rispecchiamo nella pratica quotidiana il principio del "marcire in carcere" proclamato dal governo giallo-verde e mai rinnegato dalla componente gialla del governo giallo-rosso e tacitamente rinnovato con la complicità del Pd, allora alleato del Movimento Cinque Stelle.  

Lo spregio per la legalità e i diritti umani paventato dai vertici governativi non poteva che trovare applicazione pratica nella realtà carceraria, ideale a scatenare sedizioni innescate dal terrore virale in strutture ove la promiscuità non garantiva alcuna tutela sanitaria e, parimenti, idonea a dar prova della mano forte poliziesca.

Nessuna giustificazione alla violenza sediziosa dei reclusi, ma nessuna comprensione per la violenza istituzionale che degrada lo Stato e gli uomini che lo rappresentano, dai più elevati vertici istituzionali al più inferiore in grado degli agenti.

Nessun commento sull'indagine in ossequio della presunzione di non colpevolezza, ma peroriamo rigore nell'accertamento delle responsabilità affinché lo Stato di diritto al quale ciascuno di noi appartiene trovi l'autorevolezza nel diritto anziché nell'uso indiscriminato della forza.

Non possono ammettersi repressioni né violenze che infrangono i diritti umani e degradano uomini e donne a livello di esseri che pure meritano tutela in uno Stato di diritto, come pretende di essere il nostro.

Lo impone la Costituzione repubblicana!

La Commissione diritti Umani e il Direttivo 

della Camera Penale di Trapani


Scarica il documento della Camere penale al link


martedì 22 giugno 2021

Rassegna stampa sul documento del Direttivo relativo alla situazione strutturale del Palazzo di Giustizia di Trapani


Corriere della sera


Il Dubbio 





Giornale di Sicilia 



Il Locale news 

Telesud

Alqamah 

Tp24

La Sicilia 

TrapaniSi




AGI


= Giustizia: crollo in aula bunker Trapani,stop a processo mafia

Pubblicato: 22/06/2021 11:47

(AGI) - Trapani, 22 giu. - E' stato rinviato ad altra udienza il processo alla mafia di Trapani previsto in mattinata a causa del crollo di una parte del controsoffitto dell'aula bunker del tribunale. L'incidente - che ha reso inagibile l'area - è avvenuto nella notte tra domenica e lunedì, causando il crollo di calcinacci e de pannelli che ricoprono il tetto, ritrovati sui banchi destinati a magistrati, avvocati e imputati. Secondo i primi riscontri la causa sarebbe il danneggiamento del sistema di condizionamento, che si snoda nell'intero Palazzo di giustizia. Il presidente del tribunale di Trapani nell'immediato ha stabilito la sospensione delle udienze programmate nell'aula bunker e disposto un'ispezione e la sistemazione per il ripristino delle attività.     Sull'episodio è intervenuta la Camera penale di Trapani, che ha lanciato l'allarme, evidenziando che "non vi è un'altra aula idonea a garantire il videocollegamento da remoto degli imputati detenuti nelle carceri di massima sicurezza".

    Tra gli imputati del processo Scrigno, oltre all'ex deputato regionale Paolo Ruggirello, ci sono altre sette persone, tra cui Vito D'Angelo, presunto riferimento della mafia trapanese sull'isola di Favignana, tuttora detenuto. (AGI)

 

TP2/MRG


= Giustizia: crollo in aula bunker Trapani,stop a processo mafia (2)

Pubblicato: 22/06/2021 11:47


(AGI) - Trapani, 22 giu. - "L'unica alternativa, l'aula bunker Montalto presso il carcere di Trapani, è ormai chiusa da anni nonostante il ministero abbia finanziato le opere di ripristino - sostiene la nota della Camera Penale - e pare che per metterle in cantiere occorra risolvere complicate faccende burocratiche sulle quali, da oltre un anno e mezzo, lavora alacremente il Provveditorato regionale". La Camera Penale ha proclamato lo stato di agitazione, rinviando ogni analisi a un'assemblea già convocata per domani. Decisione analoga era stata intrapresa già nel 2005, quando "l'avvocatura si astenne a oltranza dalle udienze e rifiutò l'accesso al Palazzo, che venne trasferito altrove e ristrutturato (si fa per dire) da cima a fondo con lavori dei quali si interessò anche la magistratura inquirente, prima che intervenisse la prescrizione. Sempre in quell'anno si ricorda un'autorevole ordinanza del collegio penale, presieduto dal dottor Vincenzo Pantaleo, che respinse la richiesta della procura di Trapani. Quest'ultima, pur condividendo e anzi appoggiando le ragioni della protesta dell'Avvocatura, aveva chiesto la trasmissione degli atti per verificare se l'astensione a oltranza integrasse gli estremi di qualche reato. Non se ne fece nulla, perché il tribunale rigettò la richiesta, confermando la piena legittimità dell’astensione proclamata dall'avvocatura". (AGI)

TP2/MRG

lunedì 21 giugno 2021

Crolla il soffitto dell'aula bunker del Palazzo di Giustizia di Trapani - Il documento del Direttivo




Nella notte tra domenica 20 e lunedì 21, all’interno dell’aula bunker del Palazzo di Giustizia di Trapani, sono crollati i pannelli del controsoffitto; crollati sui banchi dove, poche ore dopo, avrebbero trovato posto i giudici, i pubblici ministeri, gli avvocati, il personale di cancelleria e i cittadini.

L’aula è inagibile e chiusa per gli interventi urgenti richiesti dalla Presidenza del tribunale e votati dalla commissione permanente nella quale siede, con diritto di voto, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

Intanto, domani, il processo c.d. Scrigno (mafia e voto di scambio) non si potrà celebrare: a Palazzo di Giustizia di Trapani non vi è un’altra aula idonea a garantire il video collegamento da remoto degli imputati detenuti nelle carceri di massima sicurezza. Al momento in cui scriviamo non sappiamo quando potrà riprendere in sicurezza il processo, perché l’unica alternativa - l’aula bunker Montalto presso il carcere di Trapani - è ormai chiusa da anni nonostante il Ministero abbia finanziato le opere di ripristino. Pare che per metterle in cantiere occorra risolvere complicate faccende burocratiche sulle quali, da oltre un anno e mezzo, lavora alacremente il Provveditorato regionale.

Per il resto, oggi, domani e nei giorni a seguire, le attività a Palazzo di Giustizia procederanno nella norma: per salire i piani (sei) occorrerà affidarsi alla sorte e augurarsi che gli ascensori funzionino regolarmente (uno, quello nuovo, è bloccato da procedure burocratiche e legali per inadempienza della ditta che lo ha installato; gli altri due funzionano secondo criteri random - a volte sì, altre volte no - nonostante gli argani nuovi e il rivestimento sostituito pochi mesi fa). Consoliamoci; faremo moto salendo a piedi. Appena in aula, poi, saremo accolti da un’atmosfera tropicale: l’impianto di condizionamento, già obsoleto e mal funzionante, è ora fermo perché responsabile del crollo del soffitto dell’aula Falcone. 

Nell’attesa del nostro processo potremo però fare una passeggiata nel giardino pensile del Palazzo: al sesto piano un arbusto spontaneo ha creato una piacevole area di verde; lo si può ammirare stando a testa in sù o, se preferite, è possibile contemplare la radice al contrario (fa bella mostra di sé lungo cinque metri di altezza, tra i fascicoli).

Nulla di preoccupante, come si vede. 

Del resto, la commissione permanente ha votato perché l’attività prosegua, confortata dalle relazione dei tecnici intervenuti che rassicurano sui controlli: saranno eseguiti e in tempi rapidi. 

I pannelli esterni che rivestono la struttura del Palazzo, anch’essi oggetto di controllo ormai richiesto da mesi, non rischiano di cadere sui cittadini e sui loro avvocati, protetti dalla pensilina recentemente ristrutturata. Per prudenza, consigliamo però a tutti quanti hanno accesso al parcheggio del Tribunale (magistrati, personale amministrativo e ordine degli Avvocati), di tenersi a distanza.

Nel 2005 - Presidente del COA l’Avvocato Alberto Sinatra - l’Avvocatura trapanese si astenne ad oltranza dalle udienze e rifiutò l’accesso al Palazzo, che venne trasferito altrove e ristrutturato - si fa per dire - da cima a fondo con lavori dei quali si interessò anche la Magistratura inquirente, prima che intervenisse la prescrizione.

Sempre in quell’anno si ricorda un’autorevole ordinanza del collegio penale, presieduto dal dott. Vincenzo Pantaleo, che respinse la richiesta della Procura di Trapani. Quest’ultima, pur condividendo e anzi appoggiando le ragioni della protesta dell’Avvocatura, aveva chiesto la trasmissione degli atti per verificare se l’astensione ad oltranza integrasse gli estremi di qualche reato. Non se ne fece nulla, perché il tribunale rigettò la richiesta, confermando la piena legittimità dell’astensione proclamata dall’Avvocatura a tutela dei cittadini presenti nel Palazzo di Giustizia, dei magistrati, del personale di cancelleria e degli avvocati.

Oggi la situazione del Palazzo di Giustizia di Trapani è quella di sedici anni fa: seppur lodevoli e incessanti siano stati gli sforzi della Presidenza per migliorare le condizioni statiche e di decoro della struttura, questa ha sedici anni di anzianità in più. Il palazzo è un’anziana signora che non nasconde i suoi difetti: ruggine a vista sui pilastri, crepe nei cornicioni esterni lato sud ed est, soffitti che cadono per la pressione dell’acqua del sistema di condizionamento, infiltrazioni d’acqua sul tetto del sesto piano (è escluso che si tratti del sistema di irrigazione che ha dato vita all’arbusto di cui sopra).

Nulla di cui preoccuparsi, ci dicono. Almeno fin quando qualcuno non si farà male e, Dio non voglia, ci scapperà il morto: non avremmo neppure il luogo dove celebrare il processo.

A proposito di processo, mentre assistiamo alle magnifiche sorti e progressive della riforma a spese dell’Europa - più correttamente delle generazioni dei nostri figli e dei nostri nipoti, ndr -, e mentre inseguiamo il mito populista dei processi conclusi in quattro anni, domani, come dicevamo, non si potrà celebrare l’udienza di un importante processo di mafia. E neppure si sa quando esso potrà riprendere il suo corso. Poco importa, a quanto pare, che gli imputati rimangano detenuti e in attesa di giudizio, che un alto graduato dell’Arma dei Carabinieri sarà ancora una volta distolto dalle sue attività investigative e che i cittadini non potranno vedere pronunciata la sentenza in loro nome e in tempi ragionevoli. La colpa della lungaggine dei processi, si sa, è degli avvocati.

In fondo, cosa volete che sia accaduto? È esploso un tubo del sistema di condizionamento e crollato il soffitto! Cose che capitano. Meglio se nottetempo …

Del fatto che manchi un’alternativa e che non si spendano i soldi già stanziati, è faccenda che non interessa l’amministrazione dello Stato ma, a quanto pare, solo la presidenza del Tribunale, i Magistrati, gli Avvocati e i Cittadini che nel frattempo continueranno a lavorare nelle condizioni che, senza alcuna enfatizzazione, abbiamo prima descritto.

A quando un moto di sano orgoglio da parte dell’Avvocatura?

La Camera Penale di Trapani, intanto, proclama lo stato di agitazione e riserva alle determinazioni della propria assemblea, già convocata per mercoledì 23 giugno prossimo, l’adozione di ulteriori iniziative.

Si comunichi al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, alla Ministra di Giustizia, ai Capi degli Uffici Giudiziari, all’Unione delle Camere Penali Italiane, al COA di Trapani, e agli Organi di stampa.

Trapani, 21 giugno 2021

Il Direttivo


Scarica il documento del Direttivo al link

lunedì 14 giugno 2021

Crisi della magistratura: facciamo il punto




La nuova frontiera della giustizia in Italia sono le tabelle, interne a ciascun ufficio, in base alle quali vengono ripartiti gli affari penali a garanzia della regola costituzionale del giudice naturale precostituito per legge.


Si tratta di regole poco conosciute, e certamente non divulgate, venute all’attenzione nel recente passato dopo i fatti di Catania e di Verbania.


In Sicilia, nel noto processo al politico Matteo Salvini, il GUP ha reso dichiarazioni a mezzo stampa sull’assegnazione a sé (dirige l’ufficio) del fascicolo, suscitando critiche  unanimi anche tra i suoi colleghi (c’è ne siamo occupati qui: Cosa potrebbe ancora succedere? Potrebbe tornare l’inquisizione spagnola).


Il caso di Verbania, ancor più recente e ancora in itinere, ha già suscitato numerose reazioni e la proclamata astensione delle camere penali italiane (ce ne siamo occupati qui: Caso Verbania: in difesa dell’appello penale - Note esplicative per spiegare ai cittadini l’emergenza della vera riforma della giustizia e  qui Caso Verbania: sostegno di CP Trapani ai penalisti di Verbania e del Piemonte Occidentale. Al link le delibere di astensione).


Sulla questione dell’assegnazione, è ora intervenuta una recente sentenza della sesta sezione della Corte di Cassazione che commentiamo oggi sul nostro blog giuridico, Foro e Giurisprudenza (La violazione delle regole di assegnazione ai processi non è causa di nullità. A margine di Verbania).


Il filo rosso che lega cronaca e giurisprudenza è costituito dalla gerarchia delle fonti, dalla primazia della legge che non è derogabile dalle circolari e non è promulgata da chi la applica.

A margine rimane l’irrisolto equilibrio tra i poteri dello Stato e la separazione tra essi, mentre si registrano sempre maggiori commistioni e disequilibri (ce ne siamo occupati qui: Fuori DAL ruolo? Sì, ad iniziare DAI fuori ruolo!).


Quale riforma della Giustizia si vuole? Quale riforma dell’ordine giudiziario?


  

CASO VERBANIA E SEPARAZIONE DELLE CARRIERE - ASTENSIONE NAZIONALE DEI PENALISTI 24 E 25 GIUGNO 2021

 



SCARICA LA DELIBERA DI UCPI (LINK)
SCARICA LA DELIBERA DI CP TRAPANI (LINK)



martedì 8 giugno 2021

Caso Verbania: sostegno di CP Trapani ai penalisti di Verbania e del Piemonte Occidentale

Richiamato il documento della Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane (link

Richiamato il documento del Direttivo della Camera Penale di Trapani (link), pubblicato sull’edizione odierna de Il Dubbio (link) la Camera Penale di Trapani esprime sostegno ai penalisti di Verbania e del Piemonte Occidentale



Caso Verbania: in difesa dell’appello penale - Note esplicative per spiegare ai cittadini l’emergenza della vera riforma della giustizia

Considerate il giudicato come se fosse la verità.

Ma se lo considerate come se fosse, non è la verità.

 





    Cosa c’entra la difesa dell’appello con l’ennesimo caso che mette in luce l’anomalia dell’ordinamento giudiziario italiano (magistrati dell’accusa e del giudizio che partecipano carriere, sindacato, organo di promozione e disciplinari)?
    All’apparenza non c’entra nulla, a meno che non si voglia andare al fondo e comprendere. Chi non ne ha voglia si fermi qui.
    Come tutti intuiscono, i criteri in base ai quali un fascicolo è assegnato a un giudice (nota per gli stolti: giudice, non pubblico ministero, che è cosa diversa) sono oggettivi e predeterminati. Se ciascuno potesse scegliere in base al proprio gradimento la donna o l’uomo che deciderà della sua libertà personale sarebbe alterata l’aspirazione di imparzialità che l’ordinamento giuridico deve assicurare. È il principio del giudice naturale precostituito per legge, previsto dalla Costituzione e attuato secondo criteri predefiniti in ogni ufficio giudiziario: le così dette tabelle o criteri tabellari.
    Quali che siano in ciascun ufficio, questi criteri consentono di distribuire gli affari senza tener conto dell’importanza del caso, della sua mediaticità, della rilevanza pubblica degli imputati ecc. Potremmo dire, semplificando, che è l’applicazione del principio “uno vale uno”, sebbene esistano metodi di compensazione “ponderale”, utilizzati in Cassazione ad esempio, con lo scopo di “pesare” il livello di difficoltà di ciascun affare (ciascuno comprende ad esempio che un processo come quello della funivia del Mottarone “vale”, per impegno, almeno dieci processi per colpa medica).
    Chiarito quindi che su basi oggettive e predeterminate un fascicolo arriva sulla scrivania di un giudice, e che quel giudice non può essere sostituito se non per evenienze eccezionali (maternità, trasferimento ecc.), cerchiamo di spiegare qual è il nesso con il giudizio di appello.    
    Ci vuol poco a comprendere come l’esito di un processo oltre che dal diritto, dalla bravura o meno di chi accusa e di chi difende, dipenda dalla persona del giudice che decide.
    È l’adagio che molti conoscono: “un bravo avvocato conosce la legge, un ottimo avvocato conosce il giudice”.
    La regola nella pratica quotidiana orienta le strategie. Ad esempio: ci sono GIP con i quali si può chiedere il giudizio abbreviato, altri con i quali la scelta è “preclusa”.
    In somma: al di là delle “carte”, l’esito di un processo dipende dagli esseri umani che se ne occupano e dall’essere umano che lo decide.
    Per questa ragione, nei millenni, i sistemi processuali si sono evoluti per progressione di questioni risolte e questioni da risolvere nel merito (appello) e in diritto (cassazione). I Romani diffidavano finanche del “giudicato” (res iudicata pro veritate habetur) e infatti i sistemi giudiziari prevedono l’istituto della revisione nella consapevolezza che neppure il giudicato è certo (si pro veritate habetur non est veritas).
    Il broccardo consente di far luce su un altro fraintendimento: il processo non serve ad accertare la “verità”, ma a stabilire quale tra le due tesi a confronto (accusa e difesa) sia più credibile, salva la successiva verifica nel merito (appello) e in diritto (cassazione).
    La “verità” rimane categoria divina, esclusa dalla fallibilità dell’essere umano.
    Se così è, si comprendono allora molte cose. 
    In primo luogo, si comprende come sia anomalo affidare la scelta della tesi più attendibile a un essere umano la cui carriera dipende dal medesimo ordine al quale appartiene l’essere umano che accusa.
  Si comprende poi come sia sommamente ingiusto precludere, limitare, ostacolare la verifica del primo accertamento e impedire l’accesso a una seconda verifica di merito da affidare a tre giudici anziché a uno, come si vorrebbe fare.
    Tutto questo non ha nulla a che vedere con la stupidaggine propinata circa la durata del processo.
    Ha a che vedere con l’essenza del diritto penale: chi è accusato dallo Stato è un presunto innocente e compete a chi lo accusa dimostrare il contrario. Competenza che richiede regole di imparzialità effettiva ma anche apparente (justice must not only be done; it must also be seen to be done), controlli a verifica della fallibilità umana; struggimenti dell’animo e notti insonni.
  Nulla che sia paragonabile allo spettacolo indecoroso al quale siamo quotidianamente costretti ad assistere con i processi di piazza in tv e sui giornali, con le lotte di potere per il carrierismo, con le beghe segrete per “fottere” questo o quell'imputato.
   Questo, al fondo, è il patto sociale. 
 Chiamatelo garantismo, se volete. Ma risparmiateci la grancassa della speculazione politica e delle finte riforme, utili solo a sottrarre aria ai cittadini processati da altri cittadini. Il bene che è in gioco, la libertà, appartiene anche alle vittime del reato. Appartiene a tutti noi.


Trapani, 8 giugno 2021

Il Direttivo


Il documento al link