venerdì 30 dicembre 2016

"TRA DUE FUOCHI. SERAFINO FAMÀ, STORIA DI UN AVVOCATO".


Inizierà dopo le festività il
CORSO DI TECNICA E DEONTOLOGIA DELL'AVVOCATO PENALISTA
organizzato dalla Scuola Territoriale della Camera Penale di Trapani.
Ad aprirlo, il 13 gennaio, un convegno che siamo fieri di presentarvi fin d'ora:
"TRA DUE FUOCHI. SERAFINO FAMÀ, STORIA DI UN AVVOCATO".


sabato 15 ottobre 2016

GALATEO D'UDIENZA


CHI TEME COSA?



Il primo Presidente della Cassazione, dott. Giovanni Canzio, e il Ministro della Giustizia, on. Orlando, sono dell'avviso che gli Avvocati, oltre a far parte dei Consigli Giudiziari, debbano avere diritto di voto, al pari dei Magistrati, e, quindi, di esprimere pareri che avranno rilevanza sulla progressione in carriera dei Magistrati.
Tre componenti della Magistratura sindacale (Autonomia & Indipendenza, Magistratura Indipendente, AREA Magistratura Democratica) hanno espresso “preoccupazione e contrarietà” per questa annunciata iniziativa del Governo, sul presupposto che la valutazione sia affare interno di competenza esclusiva della Magistratura, così DIMENTICANDO LA STRUTTURA TRIADICA DEL PROCESSO, STRUTTURA DI CUI LA DIFESA È PARTE ESSENZIALE. Secondo quelle correnti della Magistratura, la preclusione troverebbe ragione nell'assimilazione tra Avvocato e Assistito, come se il primo si identificasse con l'altro anziché - come effettivamente è -  essere colui che rappresenta il diritto inviolabile di difesa.

Contrariamente, NOI RITENIAMO CHE L'AVVOCATURA COSTITUISCA CARDINE DI LEGALITÀ E CIOÈ L'ULTIMO PRESIDIO CHE LO STATO OFFRE AL CITTADINO, PRESUNTO INNOCENTE, PER DIFENDERSI DA UN'ACCUSA.  E, DUNQUE, CHE IL DIRITTO DI VOTO ALL’AVVOCATURA NEI CONSIGLI GIUDIZIARI NON DEBBA ESSERE INTESO COME “CONCESSIONE” MA CHE TALE DIRITTO SPETTI IPSO JURE AGLI AVVOCATI MEMBRI DEI C.G. QUALE CONSEGUENZA DIRETTA DELLA FUNZIONE COSTITUZIONALE DA ESSI ESERCITATA.
Evidentemente, ciò non può vedere concordi quelle correnti sindacali della Magistratura legate ad un anacronistico privilegio di casta che intendono gelosamente conservare.
E noi, ostinatamente, proviamo a chiarire il concetto attraverso le parole di Piero Calamandrei, uno dei padri costituzionali (“Elogio dei Giudici scritto da un Avvocato”): [ l’indipendenza dei giudici ] “…è un duro privilegio, che impone, a chi ne gode, il coraggio di restar solo con se stesso, a tu per tu, senza nascondersi dietro il comodo schermo dell'ordine superiore…” perché “…il segreto della Giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore: infatti il processo, e non solo quello penale, è di per sé una pena, che giudici e avvocati devono abbreviare rendendo giustizia". 
Non crediamo occorrano commenti a queste riflessioni ma, invece, riteniamo dovrebbero essere oggetto di studio da parte dei gelosi custodi di privilegi corporativi, con l’auspicio possano realizzare che il diritto di voto all’Avvocatura nei Consigli Giudiziari costituisce garanzia di imparzialità scevra da logiche solidaristiche e di colleganza. E non - così AREA - “…indebite intromissioni ed interferenze inopportune, particolarmente rischiose, soprattutto a livello locale, atte ad incidere sulla indipendenza dei magistrati”!

Plaudiamo, dunque, per la loro sensibilità, il Presidente Canzio e il Ministro Orlando, ma, al tempo stesso, rivendichiamo quale diritto - e non concessione - la titolarità del voto nei Consigli Giudiziari.
Inteso che si stia trattando di “rendere Giustizia”.


Il Direttivo

mercoledì 10 agosto 2016

COME [NON] VOLEVASI DIMOSTRARE




L’approvazione del DDL di riforma del Codice penale e di procedura penale
da parte della commissione senatoriale concretizza le preoccupazioni  della
Camera Penale di Trapani, più volte manifestate, e costituisce l’ennesima mortificazione
del diritto  costituzionale di difesa nonché un sintomatico,
metodico, regresso del sistema delle garanzie poste dalla Costituzione e
dalle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti inviolabili del cittadino.

Si intende, a cura del Legislatore, ripristinare un anacronistico sistema inquisitorio che, tuttavia, continua a vivere in un sistema processuale che è, solo apparentemente, accusatorio: ci gloriamo, infatti, di avere instaurato, con la riforma del 1989  (entrata in vigore dell’attuale Codice di procedura penale), un sistema accusatorio di tipo anglosassone, ma in realtà sopravvivono nello stesso codice  norme che consentono al giudice di sostituirsi alle parti  nella  ricerca della prova.


Cronaca di una riforma annunciata: dai punti del DDL, le nostre riflessioni

• Sospensione della prescrizione anche per gli interrogatori resi avanti la Polizia Giudiziaria su delega del Pubblico Ministero;
sospensione sino a un anno e sei mesi dal termine previsto dal 544 per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado e sino al deposito del dispositivo di quella del grado successivo;
aumento della metà dei termini di prescrizione per i reati di corruzione, concussione e truffa ex art. 640 bis [ quasi che il corruttore e il corrotto e addirittura la società civile non abbiano interesse alla celere definizione ].

Difficile ci sia chi non veda come tali meccanismi di “congelamento”
comportino l’aumento della durata dei processi e ritardino l’accertamento
delle responsabilità ovvero della non colpevolezza del cittadino inquisito.

 Differimento del colloquio con il difensore per tutti reati di competenza della Procura distrettuale: [ il cittadino privato della libertà non potrà conferire con il suo difensore ];
segretazione per sei mesi delle informazioni ex 335 nei confronti della persona offesa [ …e per quale recondita ragione? ];
un termine di 60 giorni per indagini suppletive al PM nel caso di abbreviato chiesto in seguito al deposito di indagini difensive e la possibilità, in esito al supplemento del PM, di revocare la richiesta di abbreviato [ si consente al PM, che dovrebbe, per obbligo di legge, verificare l’esistenza di prove a favore dell’imputato, di vanificare l’attività investigativa difensiva, dilatando, tra l’altro, un rito che per definizione è abbreviato ];
• sanatoria delle nullità e delle inutilizzabilità, salvo quelle probatorie, e la preclusione ad eccepire l’incompetenza territoriale del giudice (comma 6 bis del 438 C.P.P.) [ sottraendo, in tal modo, il cittadino  al suo giudice naturale ];
 l’esaltazione dell’esposizione in forma concisa delle motivazioni della sentenza [ che impedirebbe di comprendere il ragionamento logico giuridico seguito dal giudice per supportare la sua decisione ];
• la richiesta di maggiore specificità delle impugnazioni [ col fine di dichiararle, più facilmente, inammissibili? ] .

 Si consente, in buona sostanza, al giudice, di motivare succintamente,
mentre il cittadino è costretto all'osservanza di formalismi che
rischiano di vanificare la verifica di correttezza della sentenza.

• Inappellabilità delle sentenze di condanna anche per ammende alternative [ è come se la condanna per una contravvenzione fosse una quisquilia priva di significato, invece c’è chi ancora tiene all’illibatezza del proprio certificato penale ];
• rinnovazione in appello se il PM appellante pone questione di valutazione delle prove [ di contro, la riapertura del dibattimento in sede di appello è soggetta a pesanti limitazioni  per il cittadino  che impugna ];
l’aumento delle condanne a pene pecuniarie a seguito delle inammissibilità del ricorso per Cassazione;
• la delega al Governo in materia di intercettazioni con previsione di:
                  - selezione da parte del PM a garanzia della riservatezza [ del  PM? ];
                  - semplificazione per i delitti dei pubblici ufficiali;
                  - recepimento della giurisprudenza delle Sezioni Unite, con il giudice che diviene
                    legislatore [ con eliminazione, di fatto, del concetto di privata dimora
                    per i reati previsti dall’art. 51 C.P.P., dilatando illimitatamente i luoghi ove si può
                    intercettare ].

La Camera Penale di Trapani - fuori dal coro - ha, puntualmente, stigmatizzato
l’incombente  pericolo di un ulteriore limitazione del diritto di Difesa,
dolendosi  dell’insensibilità  a siffatte problematiche da parte di chi all’interno
dell’Avvocatura crede di scorgere, in queste norme, profili  di positività.
Ancor più adesso, e a maggior ragione, il nostro impegno di operare
affinché ogni cittadino abbia diritto ad un Giusto Processo
costituzionalmente garantito, resta fermo e irrevocabile.


Il Direttivo

mercoledì 13 luglio 2016

Voci fuori dal coro (ovvero: dell'inutilità dell'astensione) - di Salvatore Alagna


Mi chiedo quale sia stato il risultato pratico dell’evento, quale utilità sia derivata dall’ultima astensione dalle udienze e, soprattutto, quali siano le concrete iniziative che l’Avvocatura Penale vorrà intraprendere per perseguire quello che è stato, e resta, il suo unico ideale: la tutela dei diritti dei Cittadini. 
La Camera Penale di Trapani, impegnata costantemente su questo fronte, ha segnalato con vigore come il sistema processuale preveda meccanismi che ne correggono deviazioni e sfasature.

  Mi riferisco, ad esempio, alla norma dell’art. 477 C.P.P. che prevede che  i processi debbano essere rinviati al giorno seguente: è chiaro  per chiunque come non sia pensabile la sua applicazione letterale ma sia, invece, auspicabile la sua interpretazione ragionevole. Cosa che - allo stato - nessun Giudice d’Italia fa propria. 

Abbiamo, anche, stigmatizzato le deficienze dell’organizzazione della Giustizia quali l’applicazione di magistrati presso le c.d. sedi disagiate, la questione dei magistrati fuori ruolo, la carenza  cronica del personale. 
Abbiamo subìto, in questi ultimi anni, senza fiatare, l’abolizione delle sedi distaccate dei tribunali - effettuate senza nemmeno tenere in considerazione la capacità delle sedi giudiziarie principali che risultano ora affollate – e non abbiamo affrontato la delicata questione dei giudici c.d onorari che svolgono un ruolo decisivo nell’esercizio della giurisdizione penale, supplendo  alle carenze strutturali.

Gli effetti della nostra astensione? Oserei dire inesistenti.
Ma noi vogliamo essere protagonisti del dibattito legislativo anche correndo il rischio di dissentire e di proporre, al di là di ogni aspettativa.

Semel in anno si indice un’astensione, E poi? Nulla di concreto segue. È, dunque, legittimo chiedersi quale sia la funzione dell’astensione se resta finalizzata a se stessa.

Intanto la gogna mediatica derivata dalla pubblicazione anticipata delle conversazioni intercettate segue il suo corso, e solo qualche voce solitaria si leva per dolersene.
Soggetti estranei alle indagini dispongono delle trascrizioni, sia pure parziali, di conversazioni captate, informazioni che nemmeno i difensori possono ottenere, se non previa richiesta e dovendo attendere che vengano preparate copie,  cartacee o informatiche che siano.
L’art. 116 C.P.P. consente a  chiunque abbia interesse di ottenere - durante il procedimento o dopo la sua definizione - copie di singoli atti, ma ciò che sorprende e, decisamente, inquieta è la contestualità  tra l’emissione di provvedimenti restrittivi della libertà e la pubblicazione giornalistica di stralci di conversazioni.
E, ancora, il cruciale tema della ragionevole durata del processo è nel dimenticatoio, così come lo sono le cause che determinano la lentezza della giustizia penale.

Semel in anno…
È così che i Cittadini potranno ricordare che ancora esiste un’Avvocatura?

La Camera che ho l’onore di presiedere si distingue per il suo serio e vigoroso impegno propositivo: non occorrono riforme epocali, basterebbe soltanto razionalizzare il sistema  consentendogli  di funzionare! 

Siamo, forse, voci fuori dal coro, abbiamo avuto qualche critica sul punto… Ce ne faremo una ragione. Ma restando fermamente fedeli ai nostri ideali di libertà, al nostro dovere: defensionale e di tutela dei diritti di ogni Cittadino, che sono i termini di raffronto di ogni nostra azione.

Il Presidente della
Camera Penale di Trapani “Giuseppe Rubino”
Salvatore Alagna


Regolamento e Statuto della Scuola territoriale della Camera Penale di Trapani

Corso di Deontologia e Tecnica del Penalista e dell’albo di cui all’articolo 29
delle Disposizioni di attuazione del Codice di Procedura Penale
adottato dalla Camera Penale di Trapani

Art. 1 [ Scuola territoriale della Camera Penale di Trapani ]
1. È istituita, ai sensi del primo comma dell’articolo 1 del regolamento delle scuole dell’Unione delle Camere Penali Italiane approvato il 6.11.2005, la scuola territoriale della Camera Penale di Trapani.
2. Organo della scuola territoriale è il Consiglio di Gestione.
3. La scuola territoriale organizza il corso di Deontologia e tecnica del penalista, aperto ad avvocati e praticanti abilitati al patrocinio provvisorio, che è diretto alla formazione penalistica di base, indispensabile all’esercizio della difesa penale e al riconoscimento della idoneità effettiva alla difesa d’ufficio, prevista dal comma 1-bis dell’articolo 29 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.


Art. 2 [ Organizzazione della Scuola territoriale ]
1. La scuola territoriale può gestire il corso di cui al terzo comma dell’articolo 1 del presente regolamento anche d’intesa con il locale Ordine degli Avvocati, la locale scuola forense, l’Università degli Studi di Palermo, il Polo Didattico di Trapani e gli Istituti di studi universitari, in conformità ai programmi, tempi e modalità indicati nei commi seguenti del presente articolo.
2. Il corso prevede un minimo di novanta ore di lezioni, da svolgersi in due anni, ed ha per oggetto le tecniche e la deontologia del difensore penale, con riguardo ai settori professionali di diretta applicazione, e dunque prevalentemente di procedura penale e di diritto penale.
3. Le ore complessivamente costituenti il corso comprendono anche il diritto penale, il diritto dell’immigrazione, la deontologia forense e i principali temi di diritto penitenziario.
4. I programmi del corso devono, in linea di massima, rispettare i modelli minimi uniformi, specifici per ciascuno dei due settori indicati nel comma precedente, proposti dal coordinamento nazionale delle scuole e sottoposti all’approvazione della Giunta dell’Unione delle Camere Penali su iniziativa del responsabile nazionale delle scuole UCPI.
5. Ai fini dell’attestazione individuale da presentare all’ordine forense di appartenenza per l’iscrizione di cui al comma 1 dell’articolo 29 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, sono richiesti la effettiva frequenza ad almeno l’ottanta per cento delle ore di lezioni impartite durante il corso calcolate su base annuale (80% per ogni anno) e l’esito positivo dell’esame finale al termine del biennio. È previsto un esame intermedio al termine del primo anno.


Art. 3 [ Consiglio di gestione della Scuola territoriale ]
1. Il Consiglio di gestione della Scuola territoriale è composto da cinque membri:
il Presidente della scuola di cui all’articolo 4 del presente regolamento che è, di diritto, il Presidente p.t. della Camera Penale di Trapani; un componente del Direttivo p.t. che è, salvo diversa deliberazione del Direttivo, il Vice Presidente p.t. della Camera Penale di Trapani; due soci iscritti alla locale Camera Penale, indicati dal Direttivo, ad uno dei quali è affidata la gestione, quale Responsabile, della scuola sulla base del programma biennale approvato dal Consiglio di gestione; un componente designato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Trapani la cui nomina sia ratificata dal Direttivo della Camera Penale di Trapani.
2. Prima dell’inizio di ogni corso il programma da svolgere, l’elenco dei docenti e il calendario delle lezioni sono inviati alla Giunta Nazionale dell’Unione delle Camere Penali Italiane e al responsabile nazionale delle scuole.
3. Altra breve relazione sui risultati ottenuti è inviata a fine corso, in uno all’elenco nominativo dei corsisti che hanno raggiunto la percentuale di frequenza richiesta dal quinto comma dell’articolo 2 e superato il colloquio intermedio e finale di cui al sesto comma dell’articolo 2.
5. Su richiesta dell’avente diritto viene rilasciato, dopo il benestare del Presidente della Camera Penale di Trapani e del componente del Consiglio di Gestione appartenente all’Ordine degli Avvocati di Trapani, l’attestato di frequenza del corso di Deontologia e Tecnica del Penalista, con l’intestazione “Camera Penale di Trapani e Ordine degli Avvocati di Trapani” e con le firme del Presidente della Camera Penale di Trapani e del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Trapani.


Art. 4 [ Presidente/Responsabile della Scuola territoriale ]
1. Il Responsabile di cui al primo comma dell’articolo 3 del presente regolamento, che deve essere iscritto alla Camera Penale di Trapani, viene nominato prima dell’inizio del corso di cui al terzo comma dell’articolo 1 e cura gli adempimenti previsti e conseguenti all’art. 2.

Art. 5 [ Oneri ]
 1. La scuola territoriale della Camera Penale di Trapani non ha scopo di lucro.
2. Ai frequentanti può essere chiesto solo un concorso nelle spese di gestione in misura eventualmente ridotta per i praticanti abilitati al patrocinio provvisorio e per gli avvocati iscritti alla Camera Penale di Trapani, nella misura deliberata dal Direttivo della locale Camera Penale su proposta del Consiglio di gestione della scuola.
3. Esclusivamente agli scopi indicati al secondo comma sono devolute eventuali contribuzioni da parte del locale Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e di soggetti esterni. 4. L’insegnamento prestato da docenti, in preferenza iscritti alle Camere Penali, è gratuito. Ai medesimi possono essere rimborsate soltanto le spese eventualmente sostenute.

Art. 6 [Albo dei difensori disponibili ad assumere le difese d’ufficio ]
 1. Dell’elenco dei difensori disponibili ad assumere le difese d’ufficio fanno parte coloro che hanno frequentato il corso di cui al terzo comma dell’articolo 1 del presente regolamento ed abbiano altresì i requisiti previsti dal terzo e quarto comma dell’articolo 2 ovvero che siano in possesso dei requisiti previsti dal comma 1 bis dell’articolo 29 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. 
2. Il Consiglio Nazionale Forense cura l’aggiornamento dell’elenco di cui al primo comma, verificando la sussistenza dei requisiti ivi previsti.










lunedì 11 luglio 2016

Tra gogna mediatica, applicazione delle regole esistenti e prospettive di riforma del codice di procedura penale - di Marco Siragusa

A margine del caso Capua, la pillola di Gian Domenico Caiazza (in calce riportata) pone una considerazione procedurale di grandissimo interesse.

È vero: l'architettura del codice di procedura penale è chiara nel definire i tempi, i modi e i controlli delle iscrizioni nel registro notizie di reato.
È vero: il controllo giurisdizionale è presupposto e dovuto, non foss'altro che dall'art. 124 cpp.
Ma è vero (qui casca l'asino): non esiste(rebbe) una sanzione processuale e la giurisprudenza ne trae argomento per omettere il controllo: quello dello ius dicere!
Ed è ancora vero (e irritante): ricordate le SSUU Battistella? L'iscrizione deve avvenire in tempi certi e perentori, ma se il Gip è "distratto" oppure omette la verifica non è ammesso il controllo successivo: il giudice del dibattimento verrebbe "bruciato" dall'accesso conoscitivo al fascicolo del PM, dunque non sia mai rimettere nelle mani della difesa la possibilità di "bruciare" i collegi giudicanti.
È vero: prolificano decisioni "naïf". Hai ragione; il PM ha violato le regole sull'iscrizione e/o sui termini di iscrizione (talvolta esercita l'azione penale nelle forme del giudizio immediato privando l'imputato dell'udienza preliminare); il Gip non se n'è accorto, ma il giudice del dibattimento non può sanzionare la (evidente) violazione procedurale.
Importa nulla, processualmente, che la condotta del PM sia soggetta a sanzione disciplinare: è nel processo che la sanzione deve operare; non fuori da esso!

Ed è vero: le questioni di legittimità costituzionale non vengono accolte in ragione di questi (aberranti) ragionamenti.
Dopo queste (tante e amare) verità, le considerazioni di politica giudiziaria:
possiamo anche discutere di sospensione dei termini prescrizionali dopo la condanna di primo grado, a condizione, però, che le violazioni sui tempi e sui modi delle iscrizioni vengano sanzionate con il blocco dell'azione penale; possiamo, in altri termini, uscire dalle categorie e pensare alla prescrizione come fatto "processuale"?


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Il Rovescio del diritto a cura di Gian Domenico Caiazza
La pillola del 9 luglio 2016
LE SCUSE ALLA PROF.SSA ILARIA CAPUA? ANCHE NO, GRAZIE
La vergognosa vicenda della scienziata Ilaria Capua, impiccata e lasciata penzolare per più di due anni al cappio di una accusa oltraggiosamente ingiusta, per poi sentirsi finalmente dire da un g.u.p. che il fatto non sussiste, non ha purtroppo nulla di eccezionale. Proprio nulla.
Certo, qui c’è il sovrapprezzo della notorietà del personaggio, con conseguente crocifissione sulla copertina del più importante settimanale italiano, A firma di un intoccabile campione del nostrano giornalismo giudiziario di inchiesta (si chiama così); ma credetemi, non cambia molto nella vita di una persona, se il marchio di infamia di una accusa ingiusta te lo porti in un ambito più ristretto, familiare, amicale, professionale: sempre della tua vita parliamo.
Trovo francamente irritante, ed anzi insopportabile, che giornalisti autorevolissimi, e per di più meritevoli di avere denunciato con forza lo scandalo di questa vicenda, come Stella e Mieli, non colgano la matrice, come dire, di sistema, e dunque la ineluttabilità di questa come delle mille altre analoghe vicende che potremmo raccontare e testimoniare; e si perdano invece dietro il tema retorico, inutile ed anzi beffardo, delle scuse, e di chi le dà e chi no.
Le ragioni all’origine delle dieci, cento, mille, centomila Ilaria Capua nel nostro Paese sono chiarissime.
La verità è che il Pubblico Ministero è un sovrano incontrastato delle proprie indagini. Iscrive nel registro notizie di reato chi vuole, quando vuole, come vuole; sceglie il titolo di reato a proprio totale arbitrio; trattiene il fascicolo delle indagini per tutto il tempo che ritiene opportuno; e – ancor di più se l’indagato resta a piede libero- non dovrà rispondere mai a nessuno (dico: mai a nessuno) di ciò che ha ritenuto di fare in questa fase. Anzi, se ti azzardi a formulare un garbato lamento, ti senti pure dire che la tua iscrizione nel registro degli indagati è un atto di garanzia nei tuoi confronti. Caspita, grazie mille.
Senonchè, regole processuali alla mano, questo totale arbitrio non sarebbe consentito. Certo, sulla decisione di iscrivere una persona nel registro degli indagati, e sul relativo titolo di reato, non è previsto nessun controllo giurisdizionale; e forse bisognerebbe cominciare a pensarci seriamente, visto il Paese nel quale viviamo, e considerato l’impatto devastante che ha ormai assunto un atto che di per sé dovrebbe essere del tutto innocuo, e che invece ha ormai irreversibilmente assunto un peso quasi analogo alla condanna definitiva.
Ma sui tempi delle indagini, la norma è chiara ed imperativa. Trascorsi i primi sei mesi di indagini (un anno per i reati più gravi), il Pubblico Ministero dovrebbe concluderle; se non è in condizioni di farlo, deve chiedere una proroga al Giudice per le Indagini Preliminari; e poi un’altra, e poi ancora un’altra.
La richiesta deve essere motivata; l’indagato ha diritto ad interloquire; il Giudice deve assumere un provvedimento motivato di concessione o di diniego della proroga. Ebbene, questa norma, importantissima proprio perché finalizzata al controllo giurisdizionale di possibili arbitri, o inerzie ingiustificate, del Pubblico Ministero, è stata da subito irrisa dall’intera, compatta magistratura italiana, che l’ha trasfigurata nella sua caricatura. Il PM motiva con due righe stereotipe, il GIP provvede con provvedimenti pre-stampati, sempre e solo nel senso di concedere la proroga; anche e soprattutto, come nel caso della Capua, se il PM non ha svolto alcuna indagine, e nemmeno spiega il perché. Quanto alla interlocuzione difensiva, essa è semplicemente ignorata, al punto che nessun avvocato perde più tempo ad articolarla.
Dunque, il Giudice che dovrebbe controllare il P.M. è, sul tema della proroga delle indagini, ufficialmente e senza eccezioni un collaboratore del P.M., il suo spicciafaccende, chiamato a null’altro che a risolvergli questa fastidiosa, formale incombenza normativa.
Alle corte: è la mancanza di un Giudice terzo ed equidistante tra le parti, soprattutto nella fase delle indagini preliminari, che produce questi mostri. Inutile girarci intorno. Ed è allora francamente ridicolo ridurre la questione alla invocazione delle scuse, come se si trattasse di un eccezionale incidente di percorso.
Piuttosto, il giornalismo italiano si interroghi seriamente anche su cosa sia diventata la cronaca giudiziaria, il cui prestigio si misura ormai sulla capacità di ricevere in anticipo atti di indagine da chi le indagini le sta svolgendo, all’ovvio prezzo di dover poi rappresentare l’ipotesi accusatoria come la Verità, e le ragioni di chi si difende come impronunciabili bestemmie.
E’ vero proprio il contrario, dott. Mieli: le scuse, alla professoressa Capua, le vengano almeno risparmiate. Un minimo di decenza, per favore.

mercoledì 15 giugno 2016

Convegno "I REATI DI OPINIONE" - Comunicato stampa

Si svolgerà venerdì 17 giugno, alle ore 17.00, il Convegno organizzato dalla Camera Penale di Trapani “Giuseppe Rubino” su “I REATI DI OPINIONE”.

L’incontro vedrà argomentare, sul delicato tema, due ospiti d’eccezione: l’avvocato Mauro Anetrini, del Foro di Torino, con l’intervento dal titolo “Il banco di prova della libertà della scienza”, e il dottor Pietro Pellegrino, Consigliere presso la Corte d’appello di Palermo, che relazionerà su “Libertà di coscienza e reati d’opinione: il caso tribolato del delitto di negazionismo”.

Mauro Anetrini, studioso di diritto penale internazionale ed esperto in materia di terrorismo e criminalità organizzata nonché in tema di diritti umani, è cultore di diritto penale presso l’Università di Torino e tiene regolarmente corsi di formazione per avvocati e magistrati. Nel 2010 è stato inviato in Afghanistan, dal Ministero degli Esteri Italiano, in qualità di esperto nell’ambito della Cooperazione alla ricostruzione del locale sistema giudiziario.

Pietro Pellegrino, magistrato trapanese, apprezzatissimo per la grande capacità giuridica, è anche filosofo del diritto e autore di testi monografici sull’argomento editi da Aracne Editrice. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “Miti, favole, fiabe. Modelli alternativi di comunicazione giuridica tra prosa e poesia - Lezioni di narratologia del diritto” (2013) e il recentissimo, edito nel febbraio 2016, “Fundamentum iuris - Natura, parola, relazione. Capitoli di filosofia del diritto”.

Il convegno, che si terrà a Trapani nei locali dell’Università telematica Pegaso, a Palazzo Platamone, viale Regina Margherita, sarà aperto dai saluti dell’avvocato Umberto Coppola, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trapani e i lavori saranno introdotti dall’avvocato Salvatore Alagna, Presidente della Camera Penale cittadina.

Il Direttivo