*Sangue sulle strade di Roma*
Vittima un giovane, un carabiniere.
Aveva creato una sua famiglia da meno di un mese.
Una mano omicida ha messo fine ai suoi sogni e a quelli di sua moglie.
Omaggio e onore a quest'uomo che forse non ha nemmeno pensato di estrarre la sua arma, vista la giovanissima età dei due aggressori.
La vicenda - ancora poco chiara, ma sarà il processo a far luce - deve indurci a meditare sul valore della vita, sulla dedizione al dovere al di là di ogni remora personale; dedizione della quale i Militi dell'Arma hanno dato sempre prova incondizionata, divenendo vero e proprio baluardo per ogni cittadino. Ma ancora una volta qualcuno, dall'interno della stessa Arma, ne attenta l'Onore, bendando il presunto omicida, seduto e ammanettato con le mani dietro la schiena.
Un prigioniero di guerra in attesa di interrogatorio; un prigioniero da prostrare affinché riveli la posizione e gli intenti del nemico. Non è una guerra questa! ma un' azione di polizia propedeutica a un’affermazione di giustizia.
Quella orrenda fotografia ha fatto riaffiorare alla memoria di Salvatore Alagna i racconti d’infanzia del padre a proposito di persone convocate o accompagnate in caserma (si parla degli anni trenta e quaranta dello scorso secolo) e dell'angoscia che pervadeva i familiari a quella notizia.
Ricordi di cui si trova conferma negli scritti di Danilo Dolci, filantropo settentrionale che operava a Partinico, in Provincia di Palermo, negli anni cinquanta. Il suo libro "Processo all'art. 4” contiene un’appendice ove si rinviene una casistica, con dovizia di particolari, di persone massacrate nel corso di interrogatori di polizia.
Ecco! Vogliamo ritornare a quell'epoca? Vogliamo sostituire al diritto e al rispetto della persona i metodi che mortificano, al punto da annullarli, Diritto e Umanità? Non possiamo né vogliamo crederlo, sebbene il "web" testimoni il contrario.
L'Arma, correttamente, è subito intervenuta per stigmatizzare l'episodio, allontanando l'autore di questa viltà.
L'interrogatorio si è però svolto nel rispetto delle guarentigie difensive, ha assicurato il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma. Prendiamo atto di questa dichiarazione come del contegno mantenuto dal Comando Generale dell'Arma, ma non dimentichiamo la dichiarazione del Difensore del presunto omicida, improntata ad assoluta prudenza e correttezza, contemperando esigenze difensive con rispetto per la vittima.
Una coerenza di atteggiamenti da eterogenei soggetti istituzionali: un'occasione imperdibile per un'azione corale a tutela dei diritti dell'uomo, sia di persone offese sia di offensori, per dare un segno di civiltà.
La vendetta non ci appartiene!
[Il Direttivo]