* Vi spieghiamo cos’è il populismo*
Il diritto penale è il diritto che sanziona le condotte criminali.
La procedura penale è il diritto che assicura ai cittadini, presunti innocenti, le garanzie di un accertamento in condizioni di parità con l’accusa, in un tempo breve e ragionevole, nel rispetto della dignità del cittadino imputato, senza che della sua storia, della sua vita, dei suoi affetti, sia fatta gogna mediatica.
Il populismo utilizza la repressione, tipica del diritto penale, nella procedura penale. Lo fa con leggi illiberali che riducono le garanzie.
Talvolta, in situazioni storiche eccezionali, tale pratica è stata tollerata in nome dell’emergenza (terrorismo, stragi mafiose).
Ma l’emergenza è, per definizione, temporanea.
Accade così che il “tumore emergenziale”, la riduzione delle garanzie che rendono illiberale il diritto e la procedura penale e riducono la democrazia, siano metastatizzati in altri campi: dalla mafia alla corruzione, all’evasione fiscale.
È il segnale che certa politica, che vuol presentarsi buona e onesta, lancia al popolo affamato di vendetta.
Ma se il popolo taglia le teste con la ghiogliottina, preso dalle pulsioni della folla in tumulto, prima o poi le teste tagliate saranno anche quelle dei popolani. E lo saranno in nome di quelle leggi illiberali che oggi armano la mano dei politici populisti.
La storia insegna.
Basta andare indietro di qualche secolo, neppure troppi. Basta pensare alla rivoluzione francese
Chi siamo
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sabato 26 ottobre 2019
martedì 22 ottobre 2019
lunedì 29 luglio 2019
Sangue sulle strade di Roma
*Sangue sulle strade di Roma*
Vittima un giovane, un carabiniere.
Aveva creato una sua famiglia da meno di un mese.
Una mano omicida ha messo fine ai suoi sogni e a quelli di sua moglie.
Omaggio e onore a quest'uomo che forse non ha nemmeno pensato di estrarre la sua arma, vista la giovanissima età dei due aggressori.
La vicenda - ancora poco chiara, ma sarà il processo a far luce - deve indurci a meditare sul valore della vita, sulla dedizione al dovere al di là di ogni remora personale; dedizione della quale i Militi dell'Arma hanno dato sempre prova incondizionata, divenendo vero e proprio baluardo per ogni cittadino. Ma ancora una volta qualcuno, dall'interno della stessa Arma, ne attenta l'Onore, bendando il presunto omicida, seduto e ammanettato con le mani dietro la schiena.
Un prigioniero di guerra in attesa di interrogatorio; un prigioniero da prostrare affinché riveli la posizione e gli intenti del nemico. Non è una guerra questa! ma un' azione di polizia propedeutica a un’affermazione di giustizia.
Quella orrenda fotografia ha fatto riaffiorare alla memoria di Salvatore Alagna i racconti d’infanzia del padre a proposito di persone convocate o accompagnate in caserma (si parla degli anni trenta e quaranta dello scorso secolo) e dell'angoscia che pervadeva i familiari a quella notizia.
Ricordi di cui si trova conferma negli scritti di Danilo Dolci, filantropo settentrionale che operava a Partinico, in Provincia di Palermo, negli anni cinquanta. Il suo libro "Processo all'art. 4” contiene un’appendice ove si rinviene una casistica, con dovizia di particolari, di persone massacrate nel corso di interrogatori di polizia.
Ecco! Vogliamo ritornare a quell'epoca? Vogliamo sostituire al diritto e al rispetto della persona i metodi che mortificano, al punto da annullarli, Diritto e Umanità? Non possiamo né vogliamo crederlo, sebbene il "web" testimoni il contrario.
L'Arma, correttamente, è subito intervenuta per stigmatizzare l'episodio, allontanando l'autore di questa viltà.
L'interrogatorio si è però svolto nel rispetto delle guarentigie difensive, ha assicurato il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma. Prendiamo atto di questa dichiarazione come del contegno mantenuto dal Comando Generale dell'Arma, ma non dimentichiamo la dichiarazione del Difensore del presunto omicida, improntata ad assoluta prudenza e correttezza, contemperando esigenze difensive con rispetto per la vittima.
Una coerenza di atteggiamenti da eterogenei soggetti istituzionali: un'occasione imperdibile per un'azione corale a tutela dei diritti dell'uomo, sia di persone offese sia di offensori, per dare un segno di civiltà.
La vendetta non ci appartiene!
[Il Direttivo]
Vittima un giovane, un carabiniere.
Aveva creato una sua famiglia da meno di un mese.
Una mano omicida ha messo fine ai suoi sogni e a quelli di sua moglie.
Omaggio e onore a quest'uomo che forse non ha nemmeno pensato di estrarre la sua arma, vista la giovanissima età dei due aggressori.
La vicenda - ancora poco chiara, ma sarà il processo a far luce - deve indurci a meditare sul valore della vita, sulla dedizione al dovere al di là di ogni remora personale; dedizione della quale i Militi dell'Arma hanno dato sempre prova incondizionata, divenendo vero e proprio baluardo per ogni cittadino. Ma ancora una volta qualcuno, dall'interno della stessa Arma, ne attenta l'Onore, bendando il presunto omicida, seduto e ammanettato con le mani dietro la schiena.
Un prigioniero di guerra in attesa di interrogatorio; un prigioniero da prostrare affinché riveli la posizione e gli intenti del nemico. Non è una guerra questa! ma un' azione di polizia propedeutica a un’affermazione di giustizia.
Quella orrenda fotografia ha fatto riaffiorare alla memoria di Salvatore Alagna i racconti d’infanzia del padre a proposito di persone convocate o accompagnate in caserma (si parla degli anni trenta e quaranta dello scorso secolo) e dell'angoscia che pervadeva i familiari a quella notizia.
Ricordi di cui si trova conferma negli scritti di Danilo Dolci, filantropo settentrionale che operava a Partinico, in Provincia di Palermo, negli anni cinquanta. Il suo libro "Processo all'art. 4” contiene un’appendice ove si rinviene una casistica, con dovizia di particolari, di persone massacrate nel corso di interrogatori di polizia.
Ecco! Vogliamo ritornare a quell'epoca? Vogliamo sostituire al diritto e al rispetto della persona i metodi che mortificano, al punto da annullarli, Diritto e Umanità? Non possiamo né vogliamo crederlo, sebbene il "web" testimoni il contrario.
L'Arma, correttamente, è subito intervenuta per stigmatizzare l'episodio, allontanando l'autore di questa viltà.
L'interrogatorio si è però svolto nel rispetto delle guarentigie difensive, ha assicurato il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma. Prendiamo atto di questa dichiarazione come del contegno mantenuto dal Comando Generale dell'Arma, ma non dimentichiamo la dichiarazione del Difensore del presunto omicida, improntata ad assoluta prudenza e correttezza, contemperando esigenze difensive con rispetto per la vittima.
Una coerenza di atteggiamenti da eterogenei soggetti istituzionali: un'occasione imperdibile per un'azione corale a tutela dei diritti dell'uomo, sia di persone offese sia di offensori, per dare un segno di civiltà.
La vendetta non ci appartiene!
[Il Direttivo]
venerdì 14 giugno 2019
mercoledì 22 maggio 2019
venerdì 22 marzo 2019
lunedì 18 marzo 2019
sabato 9 marzo 2019
Sulla riforma illiberale del processo penale (in 32 punti) del governo Conte.
Sulla riforma illiberale del processo penale (in 32 punti) del governo Conte.
Documento della Camera penale di Trapani
Letta la bozza di decreto legislativo - informalmente e formalmente- fatta circolare dall’ufficio legislativo del Ministero;
Ritenuto che, nonostante il tavolo in corso con le componenti dell’Avvocatura e della Magistratura, la bozza di decreto legislativo non tenga in alcun conto le posizioni - talune condivise - espresse dalle parti partecipanti al tavolo;
Vista la richiesta dell’Unione alle Camere penali territoriali di far pervenire osservazioni sulla bozza di decreto legislativo;
Tenuto conto di quanto emerso nel corso dell’assemblea dei soci di Camere penale di Trapani dell’8 marzo 2019;
Il Direttivo della camera penale di Trapani osserva (le parti in corsivo sono quelle della bozza Ministeriale, quelle in grassetto il parere di CpTp):
1. prevedere che l’oblazione di cui agli articoli 162 e 162 bis del codice penale si applichi anche ai delitti rispettivamente puniti con la sola pena della multa e con la pena alternativa della reclusione o della multa;
Si condivide
Si condivide
2. prevedere la procedibilità a querela della parte offesa per il reato di lesioni personali stradali gravi previsto dall’articolo 590-bis, comma primo, del codice penale;
Si condivide
Si condivide
3. prevedere che tutte le notificazioni all’imputato successive alla prima siano eseguite al difensore, di fiducia o d’ufficio;
Adde: ove accettate dal difensore medesimo
Adde: ove accettate dal difensore medesimo
4. prevedere che il primo atto notificato all’imputato contenga anche l’espresso avviso che le successive notifiche saranno effettuate al difensore, di fiducia o d’ufficio, e che l’imputato ha l’obbligo di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni, nonché ogni mutamento dello stesso;
Adde: sempre nel caso in cui il difensore abbia accettato tali modalità di notifica
Adde: sempre nel caso in cui il difensore abbia accettato tali modalità di notifica
5. prevedere che non costituisce inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale del difensore l’omesso o ritardata comunicazione all’assistito imputabile al fatto di quest’ultimo;
Si condivide.
Si condivide.
6. prevedere che l’autorità giudiziaria possa avvalersi della polizia giudiziaria per le attività di notificazione degli atti;
Si condivide
Si condivide
7. prevedere una diminuzione di pena fino alla metà in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti per le contravvenzioni;
Si condivide
Si condivide
8. prevedere che l’applicazione della pena su richiesta delle parti, formulata nel corso delle indagini preliminari, possa comportare una diminuzione della pena fino alla metà;
Si condivide
Si condivide
9. estendere a centottanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato il termine per la presentazione della richiesta di giudizio immediato di cui all’articolo 454 del codice di procedura penale;
La proposta mira a rendere ordinario un istituto speciale (il rito immediato ordinario). Si ritiene, al contrario, che l’istituto vada ricondotto alla sua originaria specialità; che vada abrogato l’immediato c.d. cautelare e che, per le residuali ipotesi di applicazione (sia ordinarie sia cautelari), venga ampliato il termine di accesso agli altri riti deflativi con meccanismi di maggiore ragionevolezza rispetto a quelli attuali, come previsto al punto 12.
La proposta mira a rendere ordinario un istituto speciale (il rito immediato ordinario). Si ritiene, al contrario, che l’istituto vada ricondotto alla sua originaria specialità; che vada abrogato l’immediato c.d. cautelare e che, per le residuali ipotesi di applicazione (sia ordinarie sia cautelari), venga ampliato il termine di accesso agli altri riti deflativi con meccanismi di maggiore ragionevolezza rispetto a quelli attuali, come previsto al punto 12.
Il tutto con la previsione espressa che sia data al giudice del dibattimento la possibilità di verificare, e sanzionare con la restituzione degli atti al pm, la mancata osservanza delle condizioni di accesso al rito immediato.
10. prevedere che il giudizio immediato sia ammissibile, alle condizioni di cui all’articolo 453, commi 1 bis e 1 ter, del codice di procedura penale, anche per i reati previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale;
Eliminare la delega (si vedano osservazioni sub 9).
Eliminare la delega (si vedano osservazioni sub 9).
11. prevedere che il giudizio immediato ai sensi dell’articolo 453, commi 1 bis e 1 ter, del codice di procedura penale sia ammissibile anche per il reato in relazione al quale la persona nei cui confronti si svolgono le indagini sia sottoposta a misura cautelare personale diversa dalla custodia cautelare;
Eliminare la delega (si vedano osservazioni sub 9).
Eliminare la delega (si vedano osservazioni sub 9).
12. prevedere che i termini di cui agli articoli 456, comma 3, e 458, comma 1, del codice di procedura penale, siano estesi, rispettivamente, a quarantacinque e a trenta giorni;
Si vedano osservazioni al punto 9
Si vedano osservazioni al punto 9
13. prevedere che la richiesta di decreto penale di condanna possa essere formulata dal pubblico ministero entro il termine di un anno dall’iscrizione ai sensi dell’articolo 335 del codice di procedura penale;
Abrogare il rito speciale del procedimento per decreto previsto dal Titolo V del Libro VI.
Abrogare il rito speciale del procedimento per decreto previsto dal Titolo V del Libro VI.
14. escludere la necessità dell’avviso della richiesta di archiviazione alla parte offesa che abbia rimesso la querela;
Si condivide
Si condivide
15. modificare la regola di giudizio di cui all’articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, al fine di limitare il rinvio a giudizio ai casi in cui gli elementi acquisiti consentano una prognosi di accoglimento della prospettazione accusatoria; adeguare negli stessi termini la regola di cui all’articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale;
Accogliere le osservazioni e proposte di modifica indicate nel documento che la Giunta di UCPI ha già comunicato al tavolo ministeriale
Accogliere le osservazioni e proposte di modifica indicate nel documento che la Giunta di UCPI ha già comunicato al tavolo ministeriale
16. prevedere, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la relazione illustrativa delle parti;
Se (re)inserita, prevedere che le circostanze di prova indicate nella lista dei testimoni non possano consistere nel rinvio al capo di imputazione; prevedere la sanzione della inammissibilità, senza recupero ex art. 507 cpp, delle richieste di prova formulate senza indicazione delle circostanze.
Se (re)inserita, prevedere che le circostanze di prova indicate nella lista dei testimoni non possano consistere nel rinvio al capo di imputazione; prevedere la sanzione della inammissibilità, senza recupero ex art. 507 cpp, delle richieste di prova formulate senza indicazione delle circostanze.
17. prevedere che la rinunzia di una parte all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta non sia condizionata al consenso delle altre parti;
Si condivide
Si condivide
18. prevedere il deposito delle relazioni di consulenza tecnica di parte e di perizia entro un termine congruo precedente l’udienza fissata per l’esame del consulente o del perito;
Si condivide
Si condivide
19. prevedere la possibilità di remissione tacita processuale della querela
Si condivide
20. prevedere che il difensore possa impugnare la sentenza emessa in assenza dell'imputato o nei confronti di imputato latitante solo se munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza;
Eliminare
Eliminare
21. ampliare i casi di inappellabilità della sentenza, ex art. 593, comma 3, c.p.p., estendendoli a:
a. sentenze, di condanna e di proscioglimento, per reati punibili soltanto con pena
pecuniaria (multa o ammenda);
b. sentenze di condanna a pena pecuniaria quale risultato di conversione di una pena
detentiva breve ex art. 53 l. 689/1981;
c. sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa (siano essi delitti o
contravvenzioni);
d. sentenze di condanna a pena sostituita in lavoro di pubblica utilità.
Sub a: si condivide
a. sentenze, di condanna e di proscioglimento, per reati punibili soltanto con pena
pecuniaria (multa o ammenda);
b. sentenze di condanna a pena pecuniaria quale risultato di conversione di una pena
detentiva breve ex art. 53 l. 689/1981;
c. sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa (siano essi delitti o
contravvenzioni);
d. sentenze di condanna a pena sostituita in lavoro di pubblica utilità.
Sub a: si condivide
Sub b: a condizione che sia escluso il ripristino della sanzione detentiva sostituita giusta espressa rinuncia all’appello
Sub c: non si condivide
Sub d: come b
22. prevedere, nei casi indicati al numero precedente, l'inappellabilità della sentenza di non luogo a procedere emessa ai sensi dell'art. 428 c.p.p.;
negli stessi termini delle osservazioni già formulate
negli stessi termini delle osservazioni già formulate
23.prevedere che, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603, comma 3-bis, c.p.p. sia limitata ai soli casi di prove dichiarative assunte in udienza, d'ufficio o su richiesta di parte, nel corso del giudizio di primo grado;
Non si condivide. L’istituto della rinnovazione dell’istruttoria in appello è figlio della regola del dubbio ragionevole, senza limitazioni connesse all’oralità dell’assunzione della prova e alla natura della stessa (cfr. SSUU Dasgupta, Patalano e, soprattutto, Troise)
Non si condivide. L’istituto della rinnovazione dell’istruttoria in appello è figlio della regola del dubbio ragionevole, senza limitazioni connesse all’oralità dell’assunzione della prova e alla natura della stessa (cfr. SSUU Dasgupta, Patalano e, soprattutto, Troise)
24. prevedere una disciplina semplificata per la declaratoria dell'inammissibilità dell'appello, senza ritardo né formalità di procedura, da parte del giudice a quo, in tutti i casi in cui l'inammissibilità emerga senza che siano necessarie valutazioni che superino l'oggettività delle situazioni;
Nessuno può essere giudice di se stesso: non si condivide
Nessuno può essere giudice di se stesso: non si condivide
25. prevedere la manifesta infondatezza dei motivi tra le cause di inammissibilità dell'appello;
Non si condivide. L’appello è impugnazione di merito non soggetta a regole legali. Peraltro la riforma Orlando ha già inciso sui requisiti di specificità dell’impugnazione
Non si condivide. L’appello è impugnazione di merito non soggetta a regole legali. Peraltro la riforma Orlando ha già inciso sui requisiti di specificità dell’impugnazione
26. eliminare la possibilità di presentare motivi aggiunti nel giudizio d'appello;
Non si condivide
Non si condivide
27. prevedere la possibilità di appello incidentale del pubblico ministero;
Non si condivide. L’appello incidentale, figlio del còtê rivoluzionario, è una modalità surrettizia per eliminare il divieto di reformatio in pejus. Il Pm ha la possibilità di appellare in via principale alle condizioni di legge vigenti.
Non si condivide. L’appello incidentale, figlio del còtê rivoluzionario, è una modalità surrettizia per eliminare il divieto di reformatio in pejus. Il Pm ha la possibilità di appellare in via principale alle condizioni di legge vigenti.
28. prevedere la legittimazione del pubblico ministero a proporre appello contro le sentenze di condanna in condizioni di parità con l'imputato;
Non si condivide. Valga quanto osservato al punto precedente
Non si condivide. Valga quanto osservato al punto precedente
29. prevedere la competenza della corte d'appello in composizione monocratica nel caso di appello avverso le sentenze rese dal tribunale nella medesima composizione;
Non si condivide. Si chiede, al contrario, di ragionare sull’estensione della collegialità parificando la composizione del giudice del giudizio abbreviato a quella prevista in via ordinaria per il delitto (Corte d’assise o tribunale)
Non si condivide. Si chiede, al contrario, di ragionare sull’estensione della collegialità parificando la composizione del giudice del giudizio abbreviato a quella prevista in via ordinaria per il delitto (Corte d’assise o tribunale)
30. prevedere la forma del rito camerale non partecipato, nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d'appello in composizione monocratica, qualora ne facciano richiesta l'imputato o il suo difensore, con esonero delle parti dal pagamento delle spese processuali;
Valga quanto osservato al punto che precede
Valga quanto osservato al punto che precede
31. eliminare le preclusioni oggettive e soggettive prima per il concordato anche con rinuncia motivi in appello, ai sensi degli artt. 599-bis e 602 c.p.p.; prevedere un termine perentorio, nella fase antecedente alla citazione a giudizio, per proporre il concordato, salva la possibilità di reiterazione della richiesta rigettata; riformulare la rubrica dell'art. 599-bis c.p.p. in "Rinuncia concordata ai motivi di appello";
Si condivide. Prevedere che le linee guida delle Procure generali possano avere ad oggetto esclusivamente aspetti organizzativi e non “legislativi”
Si condivide. Prevedere che le linee guida delle Procure generali possano avere ad oggetto esclusivamente aspetti organizzativi e non “legislativi”
32. prevedere una sanzione pecuniaria a carico della parte privata che abbia proposto un appello inammissibile.
Si condivide se limitato alla sola parte civile
33. Prevedere l’ampliamento delle forme di giustizia riparativa in forma pecuniaria o con strumenti alternativi alla detenzione carceraria senza limitazioni soggettive e oggettive e per tutti i reati, sin dalla definizione del giudizio di merito, disponendo che la fase esecutiva sia destinata esclusivamente a disciplinare le modalità di alternativa retribuzione ove non stabilite dalla sentenza di merito
Il Direttivo della Camera penale di Trapani
martedì 5 marzo 2019
La riforma epocale?
La montagna ha finalmente concepito, e presto partorirà, non un topolino ma un abominio: sarà la pietra tombale sul Giusto Processo. Il tutto senza il coinvolgimento di alcuna commissione di esperti: l’Accademia? per carità! Gli Avvocati? meno che mai! Bastano le direttive e le idee di qualche esponente di una parte della magistratura oltre che di qualche tecnico ministeriale allineato, con il sigillo dell'ineffabile ministro e il gioco è fatto.
L’ennesima annunciata riforma in punti (32) della giustizia penale sarà l’occasione per la nuova politica del cambiamento di autolegittimarsi - per dirla con le parole del Prof. Vittorio Manes -, abbandonando secoli di tradizioni liberali e democratiche e dando intendere ai cittadini di voler porre riparo ai guasti provocati nelle legislature precedenti.
È pur vero che guasti ve ne sono stati in passato, ultima la famigerata riforma Orlando, quella che abbiamo dovuto accettare essendo quanto di "meno peggio" ci potesse capitare.
Ma ecco, ora, i 32 punti programmatici che finalmente conferiranno efficienza e celerità (?) al sistema: la "riforma epocale".
Non importa, se danneggerà i cittadini, vanificandone le garanzie difensive. Nel supermarket della politica gridata conta l’effetto promozionale, più del rispetto degli equilibri di sistema.
Il Giudizio immediato sarà dilatato ad libitum fino a divenire il modo ordinario di esercizio dell’azione penale; l’udienza preliminare sarà ulteriormente svuotata di significato; saranno accentuati i casi di inammissibilità dell'impugnazione da valutarsi - guarda un po'- a cura del giudice a quo; sarà introdotto il giudice monocratico di appello; ci sarà un’implicita abolizione del divieto di reformatio in pejus con il ritorno dell’appello incidentale, quello che Cordero definisce figlio del cotê rivoluzionario.
Una chicca è poi rappresentata dal punto 19: la necessita della procura speciale ad impugnare per il difensore dell'imputato assente o latitante, ma la procura dovrà essere rilasciata successivamente alla sentenza di primo grado. Sarà davvero agevole per il difensore farsi rilasciare la procura speciale da parte dell’assistito ...
Queste sono solo alcune delle estemporaneita' di questa "bozza" (?) ministeriale che in buona sostanza riprende integralmente la proposta di riforma formulata da ANM lo scorso mese di novembre 2018.
ANM, dunque, al di là di qualche segnale di disponibilità al confronto con l'Avvocatura, non ha rinunciato alla sua impostazione originaria che è stata cosi recepita dall'ineffabile ministro.
L'Avvocatura viene blandita e se ne strumentalizza la correttezza per poi tacitarla, a cose fatte, con il classico piatto di lenticchie (già preparato).
All'arroganza del precedente legislatore si deve aggiungere la malizia dell'attuale, che sorridendo beffardamente vanifichera' le garanzie processuali.
Non siamo disposti ad accontentarci del "meno peggio".
Abbiamo il dovere di difendere il processo e i principi dello stato democratico da questo attacco violento e populista che, se non contrastato, segnerà il tempo della storia e il futuro delle liberaldemocrazie.
[Il Direttivo]
venerdì 1 marzo 2019
Scuola e legalità. Camera penale di Trapani con il Liceo Classico “L. Ximenes” e il Liceo Scientifico “V.Fardella”
[La Camera Penale di Trapani, il Liceo scientifico “V. Fardella” e il Liceo classico “L. Ximenes” attuano il protocollo tra UCPI e Miur per la diffusione della legalità e la formazione della futura classe dirigente]
Qui le foto del secondo, intenso, incontro del corso di legalità della Camera Penale di Trapani organizzato in collaborazione con i Licei Scientifico e Classico di Trapani.
Il corso è iniziato lo scorso 21 febbraio con la proiezione del film “Mio cugino Vincenzo"; un film divertente, ma di notevoli contenuti deontologici e di tecnica processuale.
La lezione di ieri è stata dedicata al dibattito con gli studenti sui temi costituzionali: la tutela della persona, i diritti di libertà, il diritto di difesa, la funzione rieducativa della pena, il giusto processo.
Si è inoltre discusso di media e processo, della violenza del linguaggio, soprattutto sui social, e della consapevolezza e fiducia che i cittadini devono avere nel sistema, evitando di concorrere alle gogne mediatiche.
Abbiamo registrato con gioia una partecipazione intensa, profonda e intelligente degli studenti, che hanno posto questioni impegnative mostrando grande interesse e consapevolezza.
Una straordinaria sinergia tra noi relatori, i docenti e soprattutto i ragazzi il cui desiderio di conoscenza supera ogni auspicio e segna un elevato livello di maturità. Le lezioni proseguiranno il prossimo 7 di Marzo sul tema: “la funzione sociale dell’Avvocato”.
P.S.
Come ha scritto qualche giorno fa Francesco Petrelli su questione giustizia (n.4/2918) occorre <<comunicare il processo ... ristabilire l’alleanza fra processo e ragione ... L’errore dell’avvocatura non è stato quello di non aver saputo difendere il “giusto processo” ma di non averlo saputo “comunicare”. Di aver lasciato che intere classi politiche e dirigenti di questo Paese crescessero e venissero educate alla scuola illiberale di chi vede nel processo penale solo un ostacolo alla affermazione della legalità e non uno strumento di riaffermazione dello statuto democratico di un Paese>>.
Qui le foto del secondo, intenso, incontro del corso di legalità della Camera Penale di Trapani organizzato in collaborazione con i Licei Scientifico e Classico di Trapani.
Il corso è iniziato lo scorso 21 febbraio con la proiezione del film “Mio cugino Vincenzo"; un film divertente, ma di notevoli contenuti deontologici e di tecnica processuale.
La lezione di ieri è stata dedicata al dibattito con gli studenti sui temi costituzionali: la tutela della persona, i diritti di libertà, il diritto di difesa, la funzione rieducativa della pena, il giusto processo.
Si è inoltre discusso di media e processo, della violenza del linguaggio, soprattutto sui social, e della consapevolezza e fiducia che i cittadini devono avere nel sistema, evitando di concorrere alle gogne mediatiche.
Abbiamo registrato con gioia una partecipazione intensa, profonda e intelligente degli studenti, che hanno posto questioni impegnative mostrando grande interesse e consapevolezza.
Una straordinaria sinergia tra noi relatori, i docenti e soprattutto i ragazzi il cui desiderio di conoscenza supera ogni auspicio e segna un elevato livello di maturità. Le lezioni proseguiranno il prossimo 7 di Marzo sul tema: “la funzione sociale dell’Avvocato”.
P.S.
Come ha scritto qualche giorno fa Francesco Petrelli su questione giustizia (n.4/2918) occorre <<comunicare il processo ... ristabilire l’alleanza fra processo e ragione ... L’errore dell’avvocatura non è stato quello di non aver saputo difendere il “giusto processo” ma di non averlo saputo “comunicare”. Di aver lasciato che intere classi politiche e dirigenti di questo Paese crescessero e venissero educate alla scuola illiberale di chi vede nel processo penale solo un ostacolo alla affermazione della legalità e non uno strumento di riaffermazione dello statuto democratico di un Paese>>.
martedì 15 gennaio 2019
Tutto il resto è noia
Sulla pagina facebook del Ministro della giustizia, on. avv. Alfonso Bonafede, è stato diffuso un video, montato con immagini e musica, che ritrae l’arrivo in Italia del terrorista Cesare Battisti.
La qualità della produzione “cinematografica” è pessima e cede alla frenesia della “propaganda” alla quale i nuovi politici del cambiamento ci hanno abituati. Ma non è questo il punto.
Il punto è che l'articolo 114 comma 6 bis del c.p.p. dispone: <<è vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta>>.
Ora, comprenderete che se un Ministro della giustizia non osserva una norma del codice di procedura penale, cedendo alla vanità della ribalta, si pone un problema politico.
Se infatti l'estradizione di Cesare Battisti va a merito dei servizi di intelligence e delle forze di polizia, e la politica non c’entra nulla, al contrario, l’inosservanza di regole e norme di legge da parte di un Ministro è un problema politico.
Questa, al fondo, è la questione che sullo show di ieri a Ciampino viene offerta al dibattito pubblico.
Il resto è… noia!
La qualità della produzione “cinematografica” è pessima e cede alla frenesia della “propaganda” alla quale i nuovi politici del cambiamento ci hanno abituati. Ma non è questo il punto.
Il punto è che l'articolo 114 comma 6 bis del c.p.p. dispone: <<è vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta>>.
Ora, comprenderete che se un Ministro della giustizia non osserva una norma del codice di procedura penale, cedendo alla vanità della ribalta, si pone un problema politico.
Se infatti l'estradizione di Cesare Battisti va a merito dei servizi di intelligence e delle forze di polizia, e la politica non c’entra nulla, al contrario, l’inosservanza di regole e norme di legge da parte di un Ministro è un problema politico.
Questa, al fondo, è la questione che sullo show di ieri a Ciampino viene offerta al dibattito pubblico.
Il resto è… noia!
giovedì 3 gennaio 2019
Il diritto e la propaganda: scopri le differenze
IL DIRITTO E LA PROPAGANDA: SCOPRI LE DIFFERENZE.
Proviamo a spiegare cosa accade tra Orlando (Leoluca, Sindaco di Palermo) e Salvini, tra il diritto e la propaganda.
Il decreto sicurezza dell’inclito ministro di polizia prevede l’abolizione dei permessi di soggiorno per ragioni umanitarie. L’effetto è che, scaduti i permessi attuali, il cittadino immigrato diviene irregolare, e non ha più titolo per l’iscrizione anagrafica di competenza comunale.
Il prode Orlando - con l’appoggio dei Sindaci di tutto lo stivale che hanno competenza sull’anagrafe - obietta che la norma violerebbe la Costituzione e deve essere disapplicata (attenzione a questo termine. Ci torneremo a breve).
Salvini va in tilt.
Il (falso) campione mondiale del federalismo, dimentico che la legge attribuisce alle amministrazioni territoriali la competenza sull’anagrafe, minaccia i sindaci di applicare la (sua) legge (decreto sicurezza) statale pena le conseguenze legali dell’inosservanza (per inciso: è materia che, per legge e come sanno anche i bambini, non appartiene alla competenza del Ministro di polizia ma alla magistratura).
Proviamo dunque a spiegare al confuso ministro Salvini un po’ di diritto.
La (sua) legge vive in un sistema gerarchico e sta “sotto” la Convenzione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Ne segue che se la (sua) legge viola la Convenzione, qualunque Sindaco può disapplicarla e qualunque magistrato può assolvere quel Sindaco dalle conseguenze legali impropriamente minacciate dal ministro poliziotto!
In numerose casi la Corte di Strasburgo (giudice internazionale che non c’entra con l’UE) ha condannato l’Italia perché le sue leggi erano “criminogene” e violavano l’art. 8 della convenzione, norma che prevede che <Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza>.
Questo diritto, sempre secondo l’art. 8, può essere limitato per ragioni (tra l’altro) di sicurezza. A condizione, però, che la legge, caso per caso, specifichi le ragioni e assicuri il diritto di difendersi.
Ecco quel che il decreto Salvini non fa: considera irregolare l’immigrato mediante l’abrogazione dei permessi per ragioni umanitarie e in virtù della mera constatazione dello scadere dei permessi già rilasciati. Sarebbe come se, acquistato un biglietto del treno, a metà percorso, la legge prevedesse la scadenza del titolo di trasporto e senza considerare l’uomo-viaggiatore ne prevedesse il defenestramento in corsa.
Questa (apparente) “furbata” è - come dice Orlando - “criminogena” oltre che in violazione della Convenzione europea e della Costituzione, perché con la scusa della soppressione dei permessi umanitari equipara il “nero al clandestino” da respingere al di fuori dei confini nazionali. E lo fa senza che siano previsti meccanismi di valutazione dell’uomo immigrato (è sposato? Ha figli minori, magari nati in Italia? Fugge da guerre?).
Qual è la morale?
La morale è che il mondo del diritto è faccenda assai più seria della gara social tra i due vicepresidenti e la tesi del Sindaco Orlando - non lo ignoriamo: animata da motivi politici - è qui a ricordarci che in un paese democratico le leggi non si scrivono per i like o i tweet. Esse si scrivono per gli esseri umani e “senza distinzione di sesso, razza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali”.
Proviamo a spiegare cosa accade tra Orlando (Leoluca, Sindaco di Palermo) e Salvini, tra il diritto e la propaganda.
Il decreto sicurezza dell’inclito ministro di polizia prevede l’abolizione dei permessi di soggiorno per ragioni umanitarie. L’effetto è che, scaduti i permessi attuali, il cittadino immigrato diviene irregolare, e non ha più titolo per l’iscrizione anagrafica di competenza comunale.
Il prode Orlando - con l’appoggio dei Sindaci di tutto lo stivale che hanno competenza sull’anagrafe - obietta che la norma violerebbe la Costituzione e deve essere disapplicata (attenzione a questo termine. Ci torneremo a breve).
Salvini va in tilt.
Il (falso) campione mondiale del federalismo, dimentico che la legge attribuisce alle amministrazioni territoriali la competenza sull’anagrafe, minaccia i sindaci di applicare la (sua) legge (decreto sicurezza) statale pena le conseguenze legali dell’inosservanza (per inciso: è materia che, per legge e come sanno anche i bambini, non appartiene alla competenza del Ministro di polizia ma alla magistratura).
Proviamo dunque a spiegare al confuso ministro Salvini un po’ di diritto.
La (sua) legge vive in un sistema gerarchico e sta “sotto” la Convenzione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Ne segue che se la (sua) legge viola la Convenzione, qualunque Sindaco può disapplicarla e qualunque magistrato può assolvere quel Sindaco dalle conseguenze legali impropriamente minacciate dal ministro poliziotto!
In numerose casi la Corte di Strasburgo (giudice internazionale che non c’entra con l’UE) ha condannato l’Italia perché le sue leggi erano “criminogene” e violavano l’art. 8 della convenzione, norma che prevede che <Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza>.
Questo diritto, sempre secondo l’art. 8, può essere limitato per ragioni (tra l’altro) di sicurezza. A condizione, però, che la legge, caso per caso, specifichi le ragioni e assicuri il diritto di difendersi.
Ecco quel che il decreto Salvini non fa: considera irregolare l’immigrato mediante l’abrogazione dei permessi per ragioni umanitarie e in virtù della mera constatazione dello scadere dei permessi già rilasciati. Sarebbe come se, acquistato un biglietto del treno, a metà percorso, la legge prevedesse la scadenza del titolo di trasporto e senza considerare l’uomo-viaggiatore ne prevedesse il defenestramento in corsa.
Questa (apparente) “furbata” è - come dice Orlando - “criminogena” oltre che in violazione della Convenzione europea e della Costituzione, perché con la scusa della soppressione dei permessi umanitari equipara il “nero al clandestino” da respingere al di fuori dei confini nazionali. E lo fa senza che siano previsti meccanismi di valutazione dell’uomo immigrato (è sposato? Ha figli minori, magari nati in Italia? Fugge da guerre?).
Qual è la morale?
La morale è che il mondo del diritto è faccenda assai più seria della gara social tra i due vicepresidenti e la tesi del Sindaco Orlando - non lo ignoriamo: animata da motivi politici - è qui a ricordarci che in un paese democratico le leggi non si scrivono per i like o i tweet. Esse si scrivono per gli esseri umani e “senza distinzione di sesso, razza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali”.